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21-04-2017
FIBROMIALGIA: COME AFFRONTARLA
I disturbi a cascata della fibromialgia
La fibromialgia oltre al dolore diffuso, comporta una batteria di disturbi che possono rendere la vita impossibile a chi ne soffre: stanchezza, rigidità, cefalea, insonnia, astenia, tachicardia, il tutto frequentemente associato a disturbi emotivi e/o cognitivi comportamentali. Fintanto che non viene diagnosticata, spesso il soggetto cerca di combattere i disturbi sopra descritti senza trovare una soluzione al problema.
Come diagnosticare la fibromialgia?
Escluse eventuali patologie associate su base immunologica e /o reumatologica, la diagnosi di fibromialgia è basata sui criteri del 1990 che prevedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso (cioè che interessa entrambi i lati del corpo sia nella parte superiore che inferiore e che coinvolge tutta la colonna vertebrale) da almeno 3 mesi associato a dolorabilità di almeno 11 dei 18 tender points (punti dolenti): 4 nel collo anteriore, 4 dietro le spalle, 2 all’altezza del cervelletto, 2 all’altezza dei gomiti, 2 all’altezza delle ginocchia, 2 sopra le natiche, 2 ai lati in basso delle natiche.
L'utilizzo di tali criteri ha costituito un importantissimo passo in avanti nella comprensione della fibromialgia, consentendo di standardizzare la diagnosi e confrontare i lavori scientifici, in particolare quelli di tipo epidemiologico.
La diagnosi differenziale
Occorre sottolineare, inoltre, l'importanza della diagnosi differenziale, in considerazione del fatto che molto sintomi sono aspecifici ed è dunque necessario escludere una serie di patologie.
Qualsiasi medico di fronte a un quadro clinico sospetto, con le caratteristiche sopra descritte, dovrebbe attivare un alert sulla sindrome fibromialgica, in partticolare in presenza di segni clinici quali dolorabilità diffusa, stanchezza, ansia, depressione, insonnia. Nell'esclusione di altri patologie associate, sono necessarie opportune indagini reumatologiche, di medicina interna e immunologiche.
Un po' di storia
La fibromialgia è stata descritta nella prima metà del 1800 e agli inizi del 1900 venne considerata una malattia infiammatoria dei muscoli (fibrosite). Alla fine degli anni '40 si escluse la presenza di infiammazione per cui essa passò a essere considerata una malattia su base psicologica. Il moderno concetto di fibromialgia e tender points risale al 1978. Nel 1990, come accennato, sono stati messi a punto i criteri diagnostici attuali e nel 1994 la diagnosi della sindrome fibromialgica è stata accettata a livello internazionale.
La terapia del dolore fibromialgico
Una persona con sindrome fibromialgica ha una complessità di sintomi caratterizzati da un profilo psicologico fragile con ansia e depressione. Il dolore rappresenta una caratteristica costante insieme alla stanchezza e pertanto il miglioramento del controllo del dolore diventa un driver importate per cercare di interrompere un meccanismo di “avvitamento” delle persona che ne soffre, in prevalenza di sesso femminile.
La terapia può essere farmacologica o non farmacologica. Nel primo caso si utilizzano farmaci miorilassanti, in grado di agire sulla contrattura muscolare, cioè sulla manifestazione periferica, e farmaci che inducono un potenziamento dell'attività della serotonina, noto come ormone del buonumore e dunque nemico della depressione.
La terapia non farmacologica si basa essenzialmente su terapie fisiche (TENS, ionoforesi, termoterapia, eccetera) e terapie di rilassamento (training autogeno di Schultz, terapia cognitivo-comportamentale, terapia di rilassamento basata su tecniche ericksoniane).
La cura ideale per la fibromialgia ad oggi non esiste e la presa in carico del paziente dovrà coinvolgere più specialisti, ognuno per la sua competenza specifica.