Presentate nuove tecnologie per il controllo del dolore e nuove tecniche per la formazione e l’aggiornamento professionale del personale sanitario
Milano, 23 marzo 2012 – E’ in corso presso l’A.O. Niguarda Cà Granda, alla presenza delle più alte autorità civili e politiche della Regione, il Congresso, giunto alla 5°edizione, “Malattia Dolore e Rete Territoriale”, patrocinato dalla Onlus NOPAIN, Associazione Italiana per la cura della Malattia Dolore, e che vede partecipare i maggiori esperti italiani di terapia del dolore.
Tanti i temi affrontati a due anni dall’approvazione della Legge n. 38 del 15 marzo 2010 che ha sancito il diritto alla cura del dolore in tutte le sue forme e in tutte le persone.
IL QUADRO EPIDEMIOLOGICO
Oltre il 20% della popolazione in Italia soffre di dolore cronico, percentuale che sale fino al 50% quando si tratta di persone sopra i 70 anni. Ad esserne colpito è soprattutto il sesso femminile. Il 61% dei pazienti con dolore cronico subisce una riduzione della capacità lavorativa, il 50% soffre di depressione reattiva e i disturbi ansiosi sono presenti nel 40% dei casi. Spesso si è anche costretti ad abbandonare il posto di lavoro (16% ).
LA LEGGE 38 E LE SFIDE DEL FUTURO
La legge 38 ha costituito una svolta epocale, introducendo una netta distinzione tra terapia del dolore e cure palliative e ribadendo la centralità del paziente nel percorso delle cure. Dopo due anni dall’entrata in vigore, la legge non è ancora stata attuata in tutti i suoi principi e in modo uniforme sul territorio nazionale.
“In particolare – ha dichiarato il dott. Paolo Notaro, Responsabile Struttura Terapia del Dolore del Niguarda e Presidente di NOPAIN Onlus, nonché Responsabile Scientifico del Congresso – si è ancora lontani dalla creazione e attuazione di percorsi diagnostico-terapeutici specifici algologici; dall’implementazione delle strutture dedicate alla cura della persona con sindrome dolorosa difficile; e ancor di più dalla creazione di una rete ospedale- territorio per la terapia del dolore.”
Cittadini e pazienti non sono ancora pienamente a conoscenza dell’esistenza della legge e della possibilità di accedere a cure efficaci. A creare ancora più confusione le numerose denominazioni dei servizi erogati a livello nazionale: terapia del dolore, terapia antalgica, centro della neuromodulazione, medicina del dolore, algologia, medicina del benessere, fisiopatologia del dolore, hospice e clinica del dolore etc.
“E’ necessario standardizzare le prestazioni erogate algologiche – ha sottolineato il dott. Notaro – anche perché non è vero che tutte le sindromi dolorose possono essere trattate con i farmaci oppiacei, anzi per molte di esse non sono efficaci. Importante è anche il supporto della tecnologia per il controllo del dolore.”
A questo proposito in occasione del Congresso, vengono presentate le prime esperienze italiane di applicazione di neurostimolazione a livello occipitale per la cura dell’emicrania cronica ribelle a tutti i farmaci, una tecnica che attraverso l’impianto di un elettrodo, il cosiddetto “pacemaker del dolore”, interferisce lungo le vie di conduzione dello stimolo doloroso, impedendo o disturbando di fatto la percezione del dolore. I risultati sono molto incoraggianti, tale tecnica è riuscita ad alleviare la sofferenza di molte persone che hanno mediamente da 8 a 15 crisi al mese di emicrania per tutta la vita. In particolare, nella casistica dell’ospedale milanese di
Niguarda si è riscontrato una riduzione dell’intensità e numero delle crisi di quasi il 50% a 6 mesi dall’applicazione dell’impianto di stimolazione. “Sono dati importanti – ha dichiarato il dott. Notaro – che aprono una prospettiva nuova di ricerca e cura su una sindrome dolorosa e invalidante come l’emicrania cronica.”
Nel settore formativo c’è ancora molto da fare in quanto mancano piani di formazione universitaria specifici per arricchire le conoscenze basali di terapia del dolore in tutti gli operatori sanitari e per cercare di favorire la standardizzazione e appropriatezza delle procedure anche a livello specialistico. Un grosso aiuto potrebbe arrivare dalla simulazione, una nuova tecnica di aggiornamento che consiste nel dare la possibilità ai medici di esercitarsi su dei pazienti virtuali, dei manichini tecnologicamente avanzatissimi che permettono attraverso dei software interattivi di fare esperienza sulle reazioni fisiche e fisiologiche di un “potenziale paziente umano”.